di Mario Abis
Il Mediterraneo è un enigma. Da anni si discute su come viverlo e come raccontarlo. Il cuore delle civiltà e dei popoli, delle religioni e delle guerre, dà il senso profondo delle nostre identità e delle nostre culture. E da anni si parla di rappresentanze mediterranee intese come entità politiche, e da anni si parla (anche qui in Italia) di mostre sul Mediterraneo, di convegni fondamentali sul Mediterraneo e il suo futuro. Poco o nulla, infatti, è stato fatto rispetto agli infiniti depositi politici archeologici, estetici e culturali.
Sembra difficile decifrare, al di là dei presupposti generici e simbolici, il senso dell’unicità e della profonda complessità. Il Mediterraneo è fluido e anche un po’ ambiguo. A cominciare dalle ricostruzioni delle sue antiche origini nei popoli e nelle lingue che l’hanno abitata. Ad esempio, le recenti scoperte archeologiche in Sardegna (l’ormai celebre Mont’e Prama) spostano addirittura di mille anni nel Neolitico la genesi di tutto e le diverse configurazioni della natura dei popoli: pastori che sono invece navigatori, schiavi che sono dominatori.
L’ambiguità della storia mediterranea sta nel fatto che la “storia” è costantemente contemporanea e la contemporaneità mette in discussione il fatto che gli archetipi sono fragili e il modo in continua evoluzione di narrare popoli e civiltà indebolisce la capacità di sintesi e la forte costruzione simbolica. Così il Mediterraneo è Fenici, Greci, Romani… Cristiani e musulmani, terroristi e operatori di pace, coste e città, isole e porti, corridoi di merci e conflitti, arte e scienza, da Venezia a Tunisi ad Atene a Siracusa, da Algeri a Istanbul…
In sostanza, un contesto non del passato ma in continuo movimento… fino all’attuale drammatica situazione geopolitica. Alla vigilia di una possibile guerra totale tra Oriente e Occidente, il Mediterraneo è (quasi) in mano ai cinesi che lo mettono in dialogo con il loro controllo africano e i corridoi che si aprono a nord… e sente il peso russo attraverso i Balcani e la Turchia. In questa ridistribuzione di poteri e attori, il Mediterraneo avrebbe un’occasione unica per creare un contesto di mediazione e di interlocuzione: che è quello della cultura e delle storie millenarie che dialogano con l’anima dei popoli. Questo chiedono i cinesi e anche i russi (basta leggere l’ultimo discorso di Putin). E l’Italia potrebbe essere la grande protagonista della centralità culturale come lingua comune che può portare a nuove visioni. Ma noi no! Ottimi schiavi dell’atlantismo di una volta, parliamo con un’Europa che non c’è, alimentiamo acriticamente la Nato che, schierandosi in Europa, circonda di missili la Russia, e armiamo un’Ucraina che non riesce a capire cosa sia al di là dei soliti resoconti dei media ignoranti .
Peccato: si sta perdendo una grande occasione per la cultura che potrebbe dare speranza e spunti per un nuovo equilibrio di pace. Dimentichiamo il Mediterraneo, ridiventiamo, perdendo questa occasione, servitori di una sottocultura debole; e dimentichiamo che alla fine c’è una sintesi per il Mediterraneo: quella di creare, pur tra conflitti e contraddizioni, la condizione per la crescita della civiltà.
La vocazione verso il Mediterraneo “civilizzato” può riflettere la stessa natura multiforme e centralità differenziata: quella che raggruppa le isole (idea dell’ex presidente della Regione Sardegna Antonello Cabras) mai del tutto realizzata, i movimenti politici autonomi di molte nostre isole e regioni verso il Maghreb Nordafrica, i rapporti tra fondazioni scientifico-culturali che si muovono in rete dalla Spagna al Marocco alla Grecia alla stessa Italia. E soprattutto il ruolo propositivo della Chiesa che dal Convegno di Firenze promuove e sviluppa progetti di cooperazione e iniziative politiche tra le città del Mediterraneo, grandi e piccola… da Istanbul ad Acireale da Tunis to Malts… e tutte le diverse culture e religioni… Una sorta di possibile alleanza che punta sul confronto culturale e sulla cooperazione uno sforzo economico e politico.
Una proposta dal “basso” e plurale. Il mondo orizzontale del Mediterraneo che diventa attore politico e diplomatico: una potenza “altra” che può opporsi a quella vecchia delle politiche ottuse della finta Europa che certamente ci conduce verso il rischio e probabilmente verso un “final du parti”.