La parità migliora l’Ebitda. Sembra una filastrocca ma non lo è. L’uguaglianza di genere produce benefici misurabili in termini di utili prima di interessi, tasse, deprezzamento e ammortamento, un indicatore meglio noto come EBITDA, utilizzato per stabilire il valore economico di un’impresa. Le donne sono portatrici sane di benefit aziendali a costo zero per le aziende, anzi con la certificazione della parità di genere, portano un surplus che è appunto il risparmio dei contributi versati. Con l’introduzione della pratica Uni/Pdr 125:2022, che definisce i criteri per l’ottenimento della certificazione sulla parità di genere, infatti, le imprese certificate possono contare su un esonero parziale dal pagamento dei contributi previdenziali dei lavoratori fino all’1% e per un massimo di 50.000 euro annui (art.5 della Legge 162 /2021). Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un crescente interesse per la parità di genere (fortunatamente). Serviva uno sgravio contributivo per aprire la porta alla parità di genere. Come si suol dire: “il fine giustifica i mezzi”.
Il ritorno sull’investimento
Anche l’Ebitda beneficia di questo risparmio e del tipo di benefici gratuiti portati dalle donne. Dalla ricerca pubblicata da Catalizzatoreche studia l’inclusione delle donne nel mondo del lavoro e in particolare l’inclusione delle donne nella leadership, emerge che i vantaggi nel top management possono essere riassunti in quattro pilastri:
– Valorizzazione dei talenti: alti livelli di inclusione sono associati a un minor turnover e a una migliore soddisfazione dei dipendenti;
– Miglioramento della reputazione e responsabilità aziendale: le organizzazioni inclusive hanno il 58% di probabilità di migliorare la propria reputazione. Inoltre, la presenza di donne nei consigli è associata a una minore presenza di frodi finanziarie;
– Crescita dell’innovazione e prestazioni di gruppo: le aziende inclusive hanno il 59% di probabilità in più di aumentare l’innovazione e la creatività;
– Miglioramento delle prestazioni finanziari: la presenza delle donne nei board è associata a una relazione positiva con indicatori finanziari quali Roe (Return on equity), Roa (Return on assets), Ros (Return on sales), performance di vendita.
I numeri parlano chiaro: secondo la XIV edizione delOsservatorio Aub promosse da Aidaf, le imprese familiari più attente alla diversità nei consigli di amministrazione sono cresciute in media a un tasso del 9,8%, circa l’1,3% in più rispetto alle altre. L’indagine monitora tutte le imprese familiari italiane che hanno superato la soglia di fatturato dei 20 milioni di euro, che rappresentano circa il 65% (pari a 11.635) del tessuto imprenditoriale italiano. È stata infatti riscontrata una relazione positiva tra diversità negli assetti di governance delle imprese familiari e performance in termini di ricavi, redditività netta, margine EBITDA, rapporto debito/PIL e rapporto PFN/EBITDA. “Anche se di piccola entità”, sottolinea Guido Corbetta, titolare della cattedra Aidaf-EY di strategia delle imprese familiari all’Università Bocconi, «il tasso annuo di crescita dei ricavi migliora, ad esempio, del +1,3%. Un risultato che ci spinge a dire che uno sforzo in questa direzione è necessario. Molte imprese familiari, infatti, mostrano ancora bassi livelli di diversità, a conferma della necessità di modifiche legislative per accelerare il processo».
Lo spiega anche il fatto che esista una relazione tra le politiche della diversità e le performance aziendali Luis Andradedirettore di Mc Kinsey: «Uno degli studi più citati è senza dubbio “Delivery through diversity” di Mckinsey. Da ciò si evince che le aziende che hanno un top management diversamente composto in termini di genere hanno il 15% in più di probabilità di ottenere buone performance finanziarie, mentre se il top management si compone diversamente in termini di etnia, la percentuale sale al 35%. Un altro studio molto interessante è il “Disability Inclusion Advantage” di Accenturail che dimostra che le aziende che includono persone con disabilità hanno il 28% in più di fatturato».
La ricerca “The CS Gender 3000 in 2019” di Credito Suisse ha inoltre analizzato il legame tra la diversità di genere, le performance aziendali e la loro evoluzione nel tempo. È stata trovata un’importante correlazione tra la “diversità” del consiglio di amministrazione e la performance azionaria. C’è una differenza di Ebitda margin di 229 punti base a favore delle aziende dove c’è una maggiore presenza femminile. Inoltre, lo strumento di valutazione del Credit Suisse ha anche rilevato che i rendimenti del flusso di cassa sono superiori al 2,04% e mostrano una minore volatilità nel tempo nelle aziende in cui è presente una percentuale maggiore di dirigenti donne.
E in Borsa il valore sale
Da uno studio condotto in Portogallo, su un campione di società portoghesi quotate in Borsaè emerso che l’effetto positivo sul Roa e sul Capriolo è stato osservato solo quando il Consiglio di Amministrazione è composto da almeno due donne o al raggiungimento della soglia minima del 20% di amministratori donne. La diversità di genere non solo garantisce migliori performance economiche e maggiori flussi di cassa futuri, ma riduce anche il rischio percepito dagli investitori: queste aziende non incorrono nel rischio di sanzioni per irregolarità o mancato rispetto della legge. Tutto ciò richiede una maggiore attenzione da parte del parti interessate (fondi comuni di investimento ad esempio) verso quelle società che garantiscono un’adeguata presenza femminile nei consigli di amministrazione, che generano e incrementano i risultati. La presenza delle donne nei consigli di amministrazione migliora anche la quantità e la qualità dell’informativa al pubblico, garantendo una maggiore trasparenza, di cui beneficiano anche quotazioni azionarie e valore di mercato (oltre all’EBITDA).
Tra i tanti fondi dedicati a questo tema, per citarne solo alcuni, in Italia ad agosto 2021, Gruppo Banco Bpm e Anima Sgr, il fondo Gender Equality 2026 di Anima Investimento, il cui obiettivo è partecipare allo sviluppo di società che valorizzino la parità di genere in conformità con l’Obiettivo 5 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Oltre al più recente lancio nel febbraio 2022 del fondo Dws Invest Esg Women for Women, della società di gruppo dws, che è gestito esclusivamente da donne professioniste e si rivolge specificamente alle esigenze delle donne nella selezione degli investimenti. La conclusione è empirica: le aziende inviano segnali positivi al mercato se la parità di genere è garantita non solo formalmente, ma soprattutto dal punto di vista sostanziale. «Le imprese al femminile spesso dimostrano di avere davvero una marcia in più», conferma Lella Golfo, presidente della Fondazione Marisa Bellisario: «Sono dinamici e propensi a intraprendere nuove strade, rischiando con idee innovative ma sempre attenti alla sopravvivenza dell’azienda. Rischio calcolato, dunque, come spesso facciamo noi donne in tutte le “imprese” della vita.
*Partner Associato RiCo Rsm Società di Organizzazione di Revisione e Contabilità SpA