«La televisione generalista, anche in modalità broadcast, è tutt’altro che finita, e ci sorprenderà ancora»: ne è sicuro Ubaldo Livolsi, Aldo agli amici, il manager Silvio Berlusconi chiamato a gestire gli anni scottanti di una Mediaset che si stava preparando quotazione in Borsa – era il 1996 – senza la quale forse la storia dell’azienda sarebbe stata diversa. Oggi Livolsi, che da anni ha costruito con Livolsi e soci un ruolo di advisor finanziario di alto livello, è un punto di riferimento per questo settore di attività che ha sempre continuato a seguire. Non parla degli scenari più “gossip” che si sono svolti nei bollettini di Borsa dopo l’addio del Cavaliere, ma delle scelte cruciali che attendono il settore televisivo, e quindi Mediaset tra poche altre in Europa, sa parlare con il massima correttezza.
Quindi la TV continuerà a prosperare? Non verrà uccisa dai social? I giovani lo guarderanno? Oggi non lo fanno!
Se guardi cosa è successo in questi anni… in cui tutti abbiamo parlato tanto dei social, dicendo che avrebbero definitivamente ucciso la tv, ci dobbiamo ricredere. Oggi, infatti, vediamo che i social network sono fortemente messi in discussione in tutto il mondo. L’ultimo orribile episodio dei cinque youtuber che hanno investito un’auto uccidendo un bambino scuote le coscienze ma è solo l’ennesimo segnale di grave degrado. Ci stiamo accorgendo che esiste un mondo in cui non è più così sicuro che i giovani in futuro seguiranno solo questo modello comunicazione, anche tenendo conto che sarà sempre più regolamentata. Gran parte del fascino dei social media sta svanendo mentre cresce l’attenzione per l’impatto mediatico dell’intelligenza artificiale.
Vale a dire?
Le prime applicazioni dell’intelligenza artificiale generativa risalgono al 2015, a Hollywood, e ruotano attorno alla produzione di contenuti semiautomatica ea basso costo. Alcuni produttori hanno cercato di calmare la filiera delle forniture creative. Oggi lo fanno in tanti e viceversa si registra un calo del focus sui social. Per i grandi investimenti pubblicitari fatti sui social network, i ritorni non sono stati così eclatanti o misurabili, come lo erano e sono nel mondo della tv, di cui si conoscono i contatti e si misurano i ritorni. Adesso è tutto molto meno preciso e certe scelte di consumo sono per lo più orientate dagli influencer. Ma inizi a capire che anche il loro ruolo è in declino. Inoltre, è un’altra categoria che sarà sottoposta a regolamentazione. restrittivo. Abbiamo visto la proposta di Calenda… ma ci sono molte opinioni convergenti in questo senso, tutto contribuirà a ridurre il ruolo degli influencer.
Ma il fatto è che oggi gli adolescenti non guardano la TV…
Sarà necessario creare contenuti capaci di attrarre anche i giovani. Ma si può fare!
Lo credi davvero? E puoi fare qualche esempio?
L’esempio di Fiorello, molto caratteristico, così come lo è stato quello di Arbore prima in radio e poi in tv. Oggi Fiorello riesce a parlare agli anziani così come ai giovani e a produrre contenuti adatti alla fruizione su tutte le piattaforme, dallo smartphone al grande schermo…
E in questo contesto attraente, come vede Mfe-Mediaset, al netto del gossip, ma proprio dal punto di vista industriale?
Il vero punto che riguarda anche Mfe-Mediaset si riassume in una domanda: riusciranno i grandi gruppi televisivi a creare contenuti innovativi che vadano bene per tutti, in Italia, negli USA, in Francia, e quindi sviluppare le necessarie economie di scala, per ripartire i costi? Pensiamo al contenuto locale. Siamo tutti d’accordo sul fatto che la carta stampata sia in crisi, ma i contenuti a livello locale sono ancora importanti perché si leggono notizie internazionali e nazionali ovunque, ma l’interesse specifico per le notizie locali può essere soddisfatto solo sui giornali locali. Qualcosa di simile dovrebbe essere previsto per i televisori. Il ruolo di Mfe sarà quello di produrre contenuti importanti ma specializzati a livello locale, a volte da solo ea volte in collaborazione con grandi player internazionali, ma anche di servire un pubblico essenzialmente nazionale. Quindi a chi mi chiede se c’è ancora un futuro per la tv, rispondo che ci può essere se gli editori televisivi sono in grado di produrre contenuti originali capaci di coinvolgere anziani e bambini.
Localmente conosciuto…
Sì, e comunque al riparo dall’estrema massificazione verso cui sono orientati i gruppi molto numerosi internazionale. Un mercato di nicchia può ancora portare profitti e rivelare capacità di sviluppo. La tecnologia è solo all’inizio di un cambiamento che renderà la traduzione e la post-produzione molto economica… bisogna essere bravi e innovativi, e lo spazio c’è.
Differenze tra il mercato europeo e quello americano?
molti! Ad esempio, indicazioni precise sono state date per l’intelligenza artificiale negli USA operatori pubblici ma lasciando piena libertà a quelli privati, mentre l’Unione Europea sta già ponendo importanti vincoli anche ai privati. L’intervento del legislatore sarà pesante e decisivo.
Piani per più TV on demand o programma tva?
Sono sempre più convinto che prevarrà l’on demand, purché fatto in modo diverso, quindi con la capacità di veicolare messaggi specifici a target specifici. E anche in questo caso a fare la differenza, anche per Mediaset, sarà la capacità di produrre contenuti adeguati. Il nuovo software per il doppiaggio automatico saprà aprire nuovi spazi alla creatività italiana. E dopotutto, anche prima dell’intelligenza artificiale, i bravi registi non sono stati fermati dalla barriera linguistica. In ambiti importanti e di nicchia avendo capacità e fantasia si vince sempre…
Cosa ne pensi delle ipotesi di confluenze tra reti televisive e reti digitali?
Avevo portato British Telecom in Mediaset, poteva essere il connubio ideale, assicurava convergenza tecnologica e complementarità di mercato. Poi BT ha acquistato i diritti della Premier League e ha fatto flop… Perché sono mondi diversi che hanno caratteristiche diverse. Se mi dici che potrebbe nascere un grande colosso…forse sì ma c’è il rischio che le culture di aziende così diverse non si amalgamino, bisogna puntare sempre sull’identità e capacità delle squadre, bisogna essere originali, quindi – e torno a Fiorello – uno apprezza Raidue perché ci vede il suo programma, altrimenti no.
Parliamo di Mediaset. Come vedi l’azienda che hai elencato?
Hanno fatto molti passi avanti, penso che internamente abbiano tutte le competenze necessarie. Devono però generare molta liquidità da investire in termini innovativi, è necessaria una forte capacità finanziaria, quindi devono essere in grado di generare flussi di cassa sufficienti a sostenere investimenti sia tecnologici che creativi. In questo campo è interessante quello che stanno facendo in Germania: è un altro mercato chiave… Un altro asset importante per la creatività di cui dispone il gruppo Fininest è Mondadori. Comunque si dica, la casa editrice ha un ruolo fondamentale nel mercato del libro, è una miniera di spunti creativi.
Chi vincerà la battaglia sul mercato europeo?
Pochi se la giocheranno, ma non vedo molto bene Vivendi, che secondo me ha un approccio troppo conflittuale, in Tim come in Mediaset. Mi viene in mente un’immagine di bassa affidabilità. Almeno all’inizio, un’alleanza deve vivere un po’ come una luna di miele. Per quanto riguarda il gruppo Cairo… l’imprenditore è bravissimo, ma non vedo queste grandi sinergie con Mediaset, sarebbe una sorta di doppione, che non porterebbe molto a nessuno dei due…