Questa volta la rubrica si prende una licenza e piuttosto che parlare di una particolare azienda si concentrerà sull’andamento di un settore vitale per l’economia del Paese e in piena trasformazione, quello dell’aftermarket automobilistico che si occupa di produrre e vendere ricambi. Una filiera che coinvolge in Italia 29mila imprese, in gran parte a conduzione familiare, occupa 400mila persone e sviluppa un giro d’affari di 28,1 miliardi di cui il 70 per cento appannaggio del Nord con una posizione dominante della Lombardia (con il 28,6 per cento del fatturato totale).
I dati sono tratti da una ricerca condotta dal Centro Studi Tagliacarne con il supporto dell’associazione di categoria (Anfia) e in collaborazione con la Camera di commercio di Torino per conto della Camera di commercio Modena. Qui il peso del comparto sulla ricchezza complessiva della provincia è così forte da figurare al terzo posto nel Paese dietro Pesaro e Urbino con un forte condizionamento sulla posizione della regione Emilia Romagna che arriva seconda dietro al Piemonte. Nonostante la crisi dell’auto, il sistema sembra reggere e non temere particolarmente l’insidia delle trasformazioni in atto.
In particolare, le imprese che stanno riconvertendo il proprio modello di business in ragione dell’opzione elettrica sono ancora molto poche: il 5,4 per cento del totale mentre il 77,4 per cento mantiene le sue posizioni rinviando ogni decisione. Nonostante questo, si riscontra una forte spinta a soluzioni green con il 43,7 per cento del campione che ha già realizzato investimenti “verdi” e il 51,3 per cento che si prepara a farlo. Dunque, la scelta conservativa sembra più dovuta a una mancanza di fiducia nella nuova tecnologia che a pigrizia o mancanza di volontà.
Per fronteggiare le sfide di cui c’è piena consapevolezza, le imprese chiedono al governo sei azioni in via principale. Nell’ordine: contributi per contrastare il caro energia, sostegno per l’adozione di scelte legate alle misure 4.0, incentivi per le innovazioni e più in generale per le attività di ricerca e sviluppo, aiuti per l’accesso a nuovi mercarti sia nazionali che internazionali, la messa a punto di un piano industriale di medio periodo con il quale ci si possa confrontare, risorse per formare o riqualificare le competenze dei lavoratori.