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14 aprile 2023 16:14
Record del debito pubblico nel febbraio 2023. È aumentato di 21,6 miliardi di euro rispetto al mese precedente, toccando il suo livello 2,772 miliardi. La Banca d’Italia nella nota “Finanza pubblica, fabbisogno e debito” spiega che l’aumento è dovuto al fabbisogno (12,9 miliardi) e alla crescita della liquidità del Tesoro (8,6 miliardi, a 43,3 miliardi). Inoltre, hanno contribuito l’effetto complessivo degli spread e dei premi in emissione e rimborso, la rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e la variazione dei tassi di cambio (0,1 miliardi).
Guardando ai sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 21,6 miliardi di euro, mentre quello delle Amministrazioni locali e degli enti previdenziali è rimasto pressoché invariato. A fine febbraio la quota di debito detenuta da Banca d’Italia era pari al 26,2% (invariata rispetto al mese precedente), mentre quella detenuta da non residenti era pari a gennaio (ultimo mese per il quale è disponibile tale dato). al 26,5%. Infine, la vita media residua del debito è rimasta stabile rispetto a gennaio, a 7,7 anni.
A febbraio le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato ammontano a 34,9 miliardi, in calo del 3% (1,1 miliardi) rispetto allo stesso mese del 2022. Allungando il periodo al primo bimestre dell’anno, le entrate tributarie sono state 79,1 miliardi , con un incremento del 4,5% (3,4 miliardi) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Per favore, ricordalo Il governo di Giorgia Meloni prevede di aumentare il debito di circa 8 miliardi di euro quest’anno e il prossimo finanziare misure di sostegno finalizzate alla riduzione del cuneo fiscale per i dipendenti. Affinché il debito pubblico italiano, proporzionalmente il più alto dell’area euro dopo quello della Grecia, è previsto nel Def redatto dal governo Meloni al 142,1% del Pil quest’anno, e dovrebbe scendere al 141,4% nel 2024, al 140,9% nel 2025 e del 140,4% nel 2026.
I rischi dell’Italia con il PNRR per un debito pubblico troppo alto
Le agenzie di rating hanno diffidato l’Italia ulteriori ritardi o revisioni degli obiettivi di stabilità con l’Unione nell’ambito del PNRR, che potrebbero avere un impatto sulle prospettive di crescita e sulla sostenibilità del debito. Va ricordato che circa un mese fa la Commissione Europea ha congelato una tranche di fondi da 19 miliardi, chiedendo al Governo chiarimenti sui lavori in corso per raggiungere gli obiettivi da cui dipende l’erogazione dei soldi. L’Italia tarda anche ad utilizzare i 67 miliardi già ricevuti da Bruxelles. L’Italia dovrebbe ottenere un totale di circa 200 miliardi di fondi UE a valere sul PNRR entro il 2026, principale beneficiaria del piano in termini assoluti. Il governo di Giorgia Meloni sarebbe al lavoro per trovare soluzioni ai ritardi modifiche ai programmi di spesa precedentemente concordati o una proroga delle attuali scadenze.
3 motivi per cui non è una buona notizia
Anche Maurizio Mazziero, Fondatore di Mazziero Research, analista finanziario ed esperto di materie prime, è allineato a questo monito:
“Non è una buona notizia per 3 motivi. Il primo è quello è un nuovo record storico. Il secondo è quello si tratta di un aumento di 15,5 miliardi, che indebita ulteriormente un Paese già sovraindebitato come l’Italia. La terza è che, quando il debito aumenta in termini assoluti, significa che questo debito deve essere in qualche modo finanziato. Nel nostro caso, emettiamo titoli di stato dove le entrate fiscali non sono sufficienti. Oggi non li emettiamo più a un costo irrisorio vicino allo zero, ma a un costo intorno al 4% (rendimento sul decennale italiano, ndr). Ciò significa che il debito ci costa di più in termini di interessi, soprattutto considerando che il 4% peserà per almeno 10 anni. Questo costo è già rilevabile, ad esempio confrontando la spesa per interessi del 2021, oltre 63 miliardi di euro, con quella del 2022, circa 83 miliardi di euro: un aumento di 20 miliardi in una voce di pura spesa, cioè non utilizzata in investimenti di utilità nazionale ( es. per infrastrutture, sistema scolastico, sistema sanitario, ecc.). Insieme all’ufficio studi di Mazziero Research abbiamo stimato che da questo livello di 2.772 miliardi si dovrebbe gradualmente salire fino a giugno a valori che stimiamo tra 2.801 e 2.830 miliardi. Livelli preoccupanti se si considera che questa è la base su cui viene calcolata la spesa per interessi sui titoli di Stato emessi dall’Italia. Se le misure del PNRR non saranno fondate, rischiamo la stagnazione nei prossimi anni. Il fatto che l’inflazione alleggerisca il costo del debito pubblico è oggi sopravvalutato: con un’inflazione non transitoria e persistente su livelli intorno al 10%, l’unico effetto concreto è che il potere d’acquisto delle persone viene eroso aggressivamente come bene nascosto. Questo rischia di portarci in recessione”.