Se i dati sono il nuovo oro, non basta entrare in miniera: occorre trovare il filo ed estrarre filamenti, scaglie e scaglie. E poi elaborarli. «Invece di levigatura, amalgama o cianurazione, per i dati di cui parliamo analisi descrittiva (per capire cosa è successo), modellazione predittiva (per capire perché è successo e se succederà ancora), analisi prescrittiva (per capire come ottimizzare)», spiega a Economy Emma Marcandalliamministratore delegato di Protivit, società di consulenza che offre alle aziende soluzioni per integrare i modelli di data science con i processi decisionali. In pratica? «Offriamo soluzioni intelligenti di il processo decisionale supportare il business sulla base dei dati. Il problema da risolvere è al centro delle analisi, mentre i dati e la tecnologia sono gli abilitanti per la produzione di informazioni a supporto del processo decisionale e del suo continuo utilizzo. Progettiamo il modello di calcolo ideale per il cliente che lo utilizza metodologie matematiche (statistica, stocastica, AI, machine learning), poi sviluppiamo il prototipo in grado di interagire con i dati e supportare il business fin dal primo utilizzo e supportiamo l’ingegnerizzazione della soluzione tecnologica connessa ai sistemi aziendali, automatizzata ed efficiente».
Dai database esterni, fruibili gratuitamente o a pagamento, all’Internet of Things che collega gli oggetti alla rete, dall’Intelligenza Artificiale che intercetta le immagini e riconosce i linguaggi vocali ai siti web, dai helpdesk intelligenza artificiale digitale social networks che raccolgono le opinioni degli utenti, come lo stato di avanzamento del trasformazione digitale, la disponibilità dei dati è cresciuta a un ritmo esponenziale. Ma la maggior parte di loro non viene nemmeno presa in considerazione dalle aziende. Al contrario: spesso vengono buttati via. «Molti dati, strutturati – cioè archiviati in un formato predefinito e organizzati in database consultabili, ed – e non, raccolti dalle aziende restano di fatto non sfruttati, inutilizzati, anche inconsapevolmente», conferma l’amministratore delegato di Protiviti. «Pensiamo al Registri di sistema, ormai tracciate da tutte le moderne applicazioni di mercato: sono le impronte digitali che gli utenti lasciano nei sistemi informativi aziendali quando effettuano operazioni. Se opportunamente raccolti e trattati con strumenti di estrazione di processo, i Log possono dare ai responsabili di processo una rappresentazione trasparente e completa di come i processi sono effettivamente implementati dall’organizzazione, senza la necessità di effettuare faticose e costose interviste o analisi documentali che, negli approcci tradizionali, servono per mappare i processi aziendali, rilevare colli di bottiglia, intervenire per ottimizzare i processi». Eppure la maggior parte delle aziende li butta via perché occupano spazio nei loro sistemi.
QUESTIONE DI APPROCCIO
È un po’ come ritrovare il classico tesoro dimenticato in soffitta, facendo i dovuti distinguo: «Ovviamente alcuni settori di attività sono in vantaggio su altri: i principali attori del settore Big Tech, intermediari finanziari ed Energia hanno, ad esempio, già da tempo attrezzati con risorse, competenze e processi per governare i dati e sfruttarli in modo intelligente a supporto del business. Altri settori industriali sono rimasti indietro e quindi hanno un gap importante da colmare». Solo di recente le aziende stanno davvero prendendo coscienza del valore potenziale del patrimonio di dati a loro disposizione e, quindi, iniziano a chiedersi come sfruttarli per estrarne valore vantaggio competitivo, ma ancora oggi, secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, le aziende che hanno iniziato a sperimentare nei campi dell’analisi avanzata dei dati sono poco più di 1 su 2. «Alcuni dei gap più frequenti che osserviamo sono la scarsa diffusione del cultura della valorizzazione dei dati nella gestione aziendale: i dati sono un asset strategico per l’azienda, non un costo. C’è poi ancora poca maturità e consapevolezza dell’importanza della governance dei dati, cioè dell’insieme dei processi e delle regole procedurali e organizzative per garantire la disponibilità organizzata, l’integrità, la qualità, la sicurezza e la fruibilità e l’accessibilità del dato. Non solo: spesso mancano una chiara identificazione e prioritizzazione delle esigenze di utilizzo e valorizzazione dei dati e sussistono ancora barriere all’adozione di tecnologie abilitanti per trasformare i dati in informazioni intelligenti – AI, Nlp, machine learning… – che comunque richiedono investimenti da parte delle aziende i cui ritorni non sono sempre facilmente quantificabili», ha rimarcato Marcandalli.
NUOVE STRATEGIE
È un problema non solo di strategia ma anche di competenze: ne servono di nuove per soddisfare nuovi bisogni. Quale? IL ingegnere dei dati, che acquisisce i dati e li organizza per renderli fruibili; IL scienziato dei dati, che mette in relazione i dati secondo approcci matematico-statistici; IL analista dati, che analizza i dati per trasformarli in informazioni preziose, utili per risolvere problemi, migliorare le prestazioni, migliorare le capacità previsionali. Non sono cifre facili da trovare sul mercato», osserva l’amministratore delegato di Protiviti. Lei che aggiunge: «Quelle vere fattori di differenziazione saranno la capacità di selezionare i dati giusti, interpretarli ed essere in grado di estrarne valore; ciò richiederà di indirizzare gli sforzi partendo dai problemi prioritari da risolvere, individuando il giusto mix di dati, algoritmi e tecnologie utili alla loro soluzione. Nella fase di avvio dei programmi di Data Science e Advanced Analytics sarà quindi fondamentale conciliare le esigenze di business con lo sforzo richiesto per l’implementazione dei modelli e dei sistemi sottostanti, prioritizzando le attività in considerazione dei diversi driver: il beneficio attese dalla risoluzione della specifica esigenza aziendale; la robustezza e la completezza delle banche dati disponibili; la complessità dei modelli statistico-matematici eventualmente necessari; i tempi di sviluppo, test e produzione».
Un altro aspetto cruciale sarà il flessibilità organizzativa l’utilizzo di metodologie matematiche e strumenti tecnologici diversi a seconda dei diversi problemi da affrontare, evitando di operare scelte metodologiche e tecnologiche a priori. «Metodologie matematiche e strumenti tecnologici devono adattarsi al problema, non viceversa», sottolinea Emma Marcandalli. «Le esigenze e le problematiche da affrontare devono essere messe al primo posto, lasciando spazi e risorse adeguati alla sperimentazione di diverse tecniche di modellazione e scelte tecnologiche al fine di individuare la migliore soluzione».
I RESI
Se i leader aziendali saranno in grado di identificare problemi, rischi e opportunità prioritari, se i ingegnere dei dati effettuerà una raccolta organizzata di dati pertinenti, se i scienziato dei dati svilupperà algoritmi e modelli quantitativi, se i analista dati estrarrà valore dai dati, se l’IT adotta adeguate tecnologie di supporto, i benefici non tarderanno ad arrivare. Quale? “Prima di tutto il vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti», conclude l’amministratore delegato di Protiviti. «Attraverso il monitoraggio quasi in tempo reale al verificarsi di eventuali rischi e opportunità, sarà possibile adottare tempestivamente le azioni necessarie, migliorare le capacità previsionali con riferimento alle variabili rilevanti per il business, pianificare con maggiore precisione e resilienza gli obiettivi aziendali, ottimizzare i processi aziendali e decisionali processi sulla base di evidenze oggettive, appunto basato sui fatti E basato sui dati».