Il presidente del BCE, Christine Lagarde, macinare imprese. In un’intervista al quotidiano francese “La Provence”, il numero uno della Banca centrale europea ha affermato che i funzionari dell’istituto bancario europeo vogliono sapere se le aziende saranno disposte ad accettare una riduzione degli utili per compensare i lavoratori, “o se noi provvederà a un duplice aumento dei margini e dei salari, quest’ultimo alimenterebbe i rischi di inflazione e non staremo a guardare di fronte a tali rischi”. Lagarde allude al famigerato spirale salari-prezzi-salarigià noto in Italia per il scala mobile degli anni Settanta, per cui le aziende avevano concesso gli aumenti salariali chiesti dai sindacati, per poi vendicarsi sui consumatori alzando i prezzi di beni e servizi, alimentando una corsa al vertice di salari e prezzi.
La posizione di Panetta
Una posizione simile a quella di Lagarde era stata espressa da Fabio Panettamembro del consiglio di amministrazione della a.C E futuro governatore di Banca d’Italia. Nel febbraio 2023 Panetta si è detto certo che i lavoratori “hanno capito che se qualcuno impone una tassa sulla nostra economiaquesta deve essere ripartita tra capitale e lavoro”.
Il buon andamento degli utili societari, infatti, non può essere l’unica variabile da tenere d’occhio. È anche necessario garantirne uno più equa distribuzione della ricchezza. Del resto, a fronte di una riduzione del 10% del potere d’acquisto, è giusto che ci sia una compensazione in termini di redistribuzione degli oneri per garantire una maggiore equità sociale.
Gli stipendi alla BCE
Va detto che il problema degli stipendi è interno anche alla Bce. Lo scorso maggio la banca centrale ha lanciato un’indagine sui meccanismi salariali, per poter valutare eventuali automatismi di adeguamento all’inflazione. Il processo è partito su input dei sindacati, secondo quanto riporta il “Financial Times”, con l’obiettivo di imitare il modello retributivo della Commissione Europea.
Il nodo salariale
È innegabile che nel nostro Paese abbiamo un serio problema con gli stipendi. Noi siamo fanalino di coda nel G20 per i salari secondo Global Wage Report 2022-23 presentato dall’ILO, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro. Nel 2022 in termini reali i salari sono stati inferiori del 12% rispetto al 2008: la peggiore performance tra le economie del G20.
Gli italiani più istruiti non se la passano molto meglio. Gli ultimi dati del 25° rapporto Almalaurea sui laureati dicono che per loro è meno difficile trovare lavoro, ma sono pagati meno di prima. Nel 2022, un anno dopo la laurea, il salario mensile netto è in media di 1.332 euro per i laureati di primo livello (-4,1% rispetto all’anno precedente) ea 1.366 euro (-5,1% rispetto all’anno precedente).
Gli stipendi in Italia non riescono a tenere il passo con l’inflazione, essendo saliti solo del 3,4%. Ecco perché, come attesta il sondaggio Soddisfazione salariale 2023realizzato direttamente daOsservatorio sui prezzi del lavoroin collaborazione con InfoLavori, la busta paga ha una valutazione di 3,8 su 10.