di Cinzia Ficco
Le disuguaglianze economiche non sono contro natura fintanto che non sono il risultato di azioni illecite o estorsioni. Chi si arricchisce – rispettando le leggi – è colui che è capace, ha meriti, si impegna, ma è spesso vittima dell’invidia sociale. Misure correttive della distribuzione della ricchezza, in senso marcatamente egualitario, si tradurrebbe in un minor impegno produttivo dei soggetti capaci e in perdite significative per gran parte della popolazione, comprese le fasce più deboli. È la tesi sostenuta da Eugenio Somaini (Como, 1941), docente di Politica economica (prima a Bologna, poi a Catania e Parma, oggi in pensione), nel suo ultimo libro, dal titolo provocatorio: “L’uno per cento più ricco – Perché le disuguaglianze possono essere benefiche”, pubblicato dall’Istituto Bruno Leoni. “Le disuguaglianze – sostiene Somaini – sono la naturale conseguenza del fatto che gli individui sono diversamente dotati di capacità, diversamente impegnati a svilupparle, motivati a esercitarle e a farne buon uso Per Somaini «diverso
come riteneva John Rawls, il possesso di tali qualità non fa sorgere in chi le possiede alcun debito verso altri o verso la società in generale e non conferisce alla comunità, o allo Stato, alcun diritto particolare nei loro confronti. Una persona naturalmente dotata di capacità che gli hanno consentito di ottenere un reddito elevato non ha obblighi compensativi nei confronti di chi ne è sprovvisto. Per lo stesso motivo chi ne è in possesso, ma non lo utilizza a fini reddituali, non è tenuto a risarcire alla collettività il gettito tributario che tale scelta ha fatto mancare».
Vuoi sintetizzare?
Per loro stessa natura, le capacità personali sfuggono a una condizione di uguaglianza. L’adozione di misure che eliminano o riducono i privilegi, generatori di disuguaglianze, sprigionano energie e potenzialità che possono contribuire alla formazione di maggiori disuguaglianze. La nozione di uguaglianza di opportunità è intrinsecamente contraddittoria e non rappresenta una valida alternativa all’egualitarismo tradizionale.
Secondo lei, una condizione di eguaglianza nella distribuzione del reddito e della ricchezza è impossibile non solo da realizzare, ma anche da immaginare.
Ogni tentativo di raggiungere l’uguaglianza sarebbe destinato al fallimento e avrebbe solo l’effetto di sostituire le disuguaglianze – che sono legittimamente sorte attraverso regolari rapporti di mercato – con un sistema di disuguaglianze arbitrarie e quindi ancor più offensive. Il livellamento dei redditi ostacolerebbe la mobilità sociale e comporterebbe un sacrificio di potenzialità e quindi perdite per l’intera comunità. Il perseguimento di obiettivi redistributivi egualitari – prosegue Somaini – implicherebbe aggiustamenti sistematici e ricorrenti del prelievo fiscale e ne pregiudicherebbe la prevedibilità.
Perché esattamente l’uno per cento della popolazione?
Mi riferisco all’economista Piketty. La concentrazione del reddito e della ricchezza, a cui allude lo studioso francese, è un fenomeno poliedrico di cui si parla molto e su cui si esprimono giudizi generalmente molto negativi, spesso basati su una conoscenza molto limitata del fenomeno. La tesi che sostengo è che generalmente – non sempre – quei redditi e patrimoni siano il risultato di rapporti – tipicamente di scambio – legittimi e consensuali, e che il loro livello particolarmente elevato derivi dall’apprezzamento dato dal pubblico di servizi o beni che i detentori di quei redditi hanno fornito.
Anche chi non rispetta la legge è dotato di competenze, cioè di leve per raggiungere i propri obiettivi.
Certo. Non è affatto scontato che le persone altamente capaci siano sempre oneste. I casi di delinquenti altamente capaci esistono e dovrebbero essere trattati come tutte le attività criminali. Le mie considerazioni si riferiscono solo, come ho detto prima, a plusvalenze ottenute con mezzi leciti e sulla base di circostanze oggettive. Né significa necessariamente che gli esercizi legittimi di particolari abilità debbano generare redditi elevati. Tali esercizi possono avere un carattere disinteressato o addirittura altruistico ei loro frutti possono essere forniti a un prezzo molto basso o gratuitamente. È anche possibile che l’uso gratuito generi reddito.
Puoi farci un esempio?
Bene, quando una catena televisiva offre programmi gratis oa un prezzo molto basso. Il loro utilizzo offre al canale televisivo stesso informazioni sui gusti dei telespettatori che possono essere vendute a produttori di altri beni o servizi. In casi di questo tipo il fenomeno assume la forma di una produzione privata di beni pubblici.
Cosa sono le competenze per te?
Trovano espressione non solo nella comprensione dei fenomeni e delle circostanze, ma anche nella disponibilità ad assumersi dei rischi che, una volta verificatisi, possono vanificare completamente i risultati perseguiti o trasformarli in perdite. Particolarmente importante è anche la capacità di collaborare con altri per il raggiungimento di obiettivi condivisi o di esercitare la leadership, cioè dirigere le azioni di chi è soggetto alla leadership verso obiettivi desiderati, solitamente, ma non necessariamente, generatrici di reddito. Ho usato il termine meta-capacità per designare questi casi di esercizi di abilità interattive.
Capacità, sì. Ma fortuna?
La fortuna, nelle sue molteplici forme, è un elemento decisivo nella formazione della ricchezza. La casualità dei fenomeni rappresenta già di per sé un meccanismo selettivo che esalta il coraggio e l’innovazione.
Chi costituisce il nucleo dei ricchissimi?
Imprenditori innovativi, manager di aziende o altri enti privati con scopo di lucro, professionisti altamente qualificati (avvocati, notai, medici, ingegneri, architetti), soggetti operanti nel settore dello spettacolo (artistico o sportivo). Nel caso italiano, i redditi dell’1% più ricco corrispondono all’8,7 per cento del reddito totale del Paese. Tuttavia, i valori delle attività cambiano continuamente e possono subire forti apprezzamenti o deprezzamenti. L’italiano più ricco, se volete saperlo, è Giovanni Ferrero – titolare dell’azienda che produce la Nutella. Il suo patrimonio personale, secondo le stime più recenti, ammonta a 36 miliardi di euro.
Immagino che tu non equipari reddito e patrimonio.
Il reddito è un flusso che si accumula in un periodo di tempo. Di solito, è considerato quello annuale. Il patrimonio è uno stock, cioè si riferisce a un singolo momento. Le ricchezze possono essere formate dall’accumulazione di redditi passati o come aspettative riguardo redditi futuri. Il livello del reddito può essere determinato oggettivamente attraverso la contabilità, quello del patrimonio è il risultato delle aspettative dei singoli. I valori degli asset sono il risultato di rapporti di mercato tra soggetti che hanno aspettative diverse. Un reddito può derivare anche da una plusvalenza (una plusvalenza) e cioè non da un’attività direttamente produttiva, ma dalla vendita di qualcosa a un prezzo superiore a quello che si pagava in precedenza per ottenerlo.
Qual è il paese dove c’è il divario maggiore tra i molto ricchi e il resto della popolazione?
Tra i paesi più sviluppati, quello in cui la quota di reddito nazionale detenuta dal primo percentile è più alta sono gli Stati Uniti (con un valore del 19%), l’Italia, come già detto, è dell’8,7%. Va tenuto presente che si tratta di redditi prima delle imposte e che in Italia questi ultimi sono relativamente bassi.
Perché molti liberali sono contrari alla tassa di successione?
Si dice che non tutti i liberali siano contrari alla tassazione delle successioni. Alcuni ritengono, invece, che una tassazione pesante dei patrimoni scoraggerebbe l’impegno produttivo, la formazione del risparmio e iniziative vantaggiose per terzi. Non risparmiamo e accumuliamo solo per noi stessi, ma anche e talvolta soprattutto per persone che ci sono care o istituzioni che riteniamo degne.
Veniamo al sistema fiscale italiano ideale.
Credo dovrebbe ispirarsi a criteri di: semplicità, per facilitarne l’applicazione; prevedibilità, per consentire alle aziende e ai privati di formulare previsioni, progetti; e flessibilità, per adattarla al mutare delle circostanze, mantenendone le caratteristiche fondamentali. Un criterio di proporzionalità potrebbe prevedere un’aliquota d’imposta molto bassa – e addirittura negativa per i redditi più bassi, cioè con un’aliquota fissa o forfettaria per i redditi fino al limite inferiore del primo percentile, un’aliquota significativamente più elevata del 5% o del 10% % a quella applicata alle fasce che si collocano fino al limite superiore del secondo percentile. L’auspicato sistema fiscale dovrebbe inoltre adattarsi in modo estremamente semplice al mutare delle circostanze, cioè con aumenti o diminuzioni simultanei ed uguali per tutte le aliquote, mantenendo inalterato il profilo sopra descritto.
Alla fine, che ruolo assegna allo Stato?
Lo Stato deve fare ciò che è necessario e ciò che gli spetta solo. Cioè produrre beni pubblici, quelli a cui tutti possono accedere e che possono utilizzare in condizioni di non rivalità. Ad esempio la difesa, la sicurezza, l’informazione resa pubblica, la possibilità di muoversi liberamente sul territorio. Lo stesso vale per i servizi. Lo Stato si impegna a favorire il libero accesso a tutti coloro che ne hanno bisogno, coprendo le spese con un prelievo proporzionale al reddito.