Era il 2023 e il 2026, le imprese e la Pubblica Amministrazione avranno bisogno di circa 4 milioni di lavoratori con competenze ESG di alto e medio profilo. È quanto emerge dai dati del4.Osservatorio Manager, che ha intervistato sul tema un panel di oltre 4.000 aziende. Secondo la ricerca, il nostro sistema industriale ha aumentato del 5% ogni anno la domanda di manager con competenze sempre più precise nel settore green, oltre che qualificati nei criteri ESG, un mercato che è cresciuto del 19% dal 2021.
Negli ultimi 3 anni, in particolare, il 64% del campione ha acquisito competenze manageriali, il 45% competenze scientifiche, il 73% competenze tecniche. Oltre il 50% delle grandi e medie imprese sta sviluppando una strategia di trasformazione basata sulla sostenibilità, cercando professionisti in grado di comprendere tutti i processi aziendali, migliorando la pianificazione e la gestione. La maggior parte delle imprese, comprese quelle poco orientate all’innovazione, è consapevole che solo il trasformazione sostenibile eviterà limiti operativi all’accesso ai mercati e al credito: entro il 2030 le imprese non sostenibili rappresenteranno la parte residua di un mercato in cui beni e servizi sostenibili saranno la norma.
Dai dati raccolti su Linkedin, nell’ultimo anno c’è stata una costante richiesta e crescita in Italia di alcune qualifiche professionali in ambito sostenibilità, tra cui il ruolo di sustainability manager (+52%), seguito da quello di specialista di sostenibilità (+44%) e di consulente sostenibilità ( +34%). Le tre città con la più alta concentrazione di questi professionisti sono Milano, Roma e Torino.
Per rispondere alla crescente domanda di figure specializzate in Esg da parte delle imprese, Confindustria, Federmanager e 4.Manager hanno avviato un progetto incentrato sulla figura strategica di gestire la sostenibilitàr, che intende mettere in luce le competenze di questa figura professionale emergente e strutturare un percorso formativo ad essa dedicato. Hanno inoltre individuato e profilato nel dettaglio le caratteristiche e le competenze di altre figure manageriali emergenti più specifiche nelle tre aree ESG: manager ambientale, manager sociale e manager di governance. L’azione mira anche a sostenere l’introduzione di incentivi a sostegno delle imprese che acquisiscono competenze manageriali sul campo.
“Per rendere la transizione una grande opportunità di sviluppo e innovazione, il fattore competenze gioca un ruolo fondamentale”, afferma Katia DaRos, vicepresidente di Confindustria per l’ambiente, la sostenibilità e la cultura. «Rafforzare le competenze dedicate alla sostenibilità significa anche favorire lo sviluppo e l’inserimento in azienda di figure dedicate, come quella del sustainability manager, che possono ricoprire un ruolo strategico per le aziende, anche secondo criteri ESG. La sostenibilità è l’unica dimensione possibile per continuare a crescere. Per questo ci impegniamo a sostenere il nostro sistema in questo percorso, con l’obiettivo di valorizzare le competenze e migliorare le strategie di comunicazione, capitalizzando così gli sforzi fin qui compiuti per rendere il settore sempre più consapevole del valore dell’essere sostenibili. Per accompagnare le imprese in questo cambio di paradigma del fare impresa, dove il concetto di industria 4.0 – prevalentemente orientato all’innovazione – sta evolvendo verso una soluzione 5.0 e dove l’innovazione si fonde con le componenti della transizione sostenibile, è assolutamente necessario avviare un nuovo, ambizioso piano di politica industriale che valorizzi e incoraggi gli investimenti dedicati alla transizione verde e sostenibile, inclusi gli aspetti di formazione e competenze”.
«La crescita della domanda di competenze manageriali con competenze green e di figure come il Sustainability Manager dimostra non solo che innovazione e sostenibilità sono intrinsecamente connesse ma soprattutto che la sostenibilità ha assunto un ruolo strategico per lo sviluppo del Paese, anche in risposta alle esigenze del mercato energetico e degli investimenti del Pnrr», afferma Stefano Cuzzilla, presidente 4.Manager e Federmanager. «Per questo è importante che le istituzioni supportino, anche sotto forma di incentivi, tutte le aziende che assumeranno specialisti in tematiche ESG che, grazie al loro know-how, potranno guidare il nostro Paese verso un’economia di non solo sostenibilità ambientale ma anche economica e sociale».
Dall’osservatorio 4.Manager emerge che il 46% delle aziende consultate ha sviluppato una strategia di trasformazione a lungo termine per diventare un’azienda sostenibile. Di questa parte più virtuosa di aziende, l’11% è altamente innovativa con un impegno al 100% per la sostenibilità sia ambientale che sociale; Il 36% lo è moderatamente: il 53% dei casi ha iniziato a lavorare sulla sostenibilità ambientale e il 38% sulla sostenibilità sociale; Il 53% è poco innovativo e nel 51% dei casi ha iniziato a lavorare sulla sostenibilità ambientale, dato che scende al 36% per la responsabilità sociale.
Per quanto riguarda la ostacoli alla trasformazione sostenibile, il fattore principale è ancora una volta la burocrazia, insieme al complesso contesto normativo, indicato dal 38% delle risposte del campione. Seguono la ridotta redditività della sostenibilità con il 33%, le risorse finanziarie con il 28%, la bassa domanda da parte dei consumatori con il 19%, le competenze manageriali interne e le capacità per cambiare il modello di business con il 18% – la percezione è molto simile tra piccole, medie e grandi aziende. Intervistati definiti “molto importanti” certo doti essenziali per il processo di trasformazione sostenibile, inclusa l’innovazione tecnologica e produttiva di processo e di prodotto (49%), la gestione dell’energia (45%), le competenze sulla normativa di riferimento (41%), l’economia circolare (34%), la gestione delle persone (33%) e finanziamento (31%).
“Negli ultimi anni il contesto in cui si sono mosse le aziende è cambiato profondamente e, con esso, sono cambiate anche le esigenze e le richieste delle aziende, che via via sono diventate più complesse e articolate” osserva Cristina Bombassei, presidente del gruppo tecnico responsabilità sociale d’impresa di Confindustria, promotore dell’intero progetto. «In questo scenario, abbiamo una missione importante da svolgere: dobbiamo sensibilizzare le aziende sui cambiamenti in atto e indirizzarle verso percorsi innovativi.
Questo processo richiede anche un diffuso e radicale rinnovamento delle competenze manageriali, sia nelle imprese impegnate nella trasformazione dei propri modelli produttivi, sia in quelle interessate ad operare in imprese direttamente legate alla green economy. Si tratta di sviluppare competenze non solo tecniche, ma anche e soprattutto manageriali e di networking, per poter interconnettere opportunamente tutte le realtà che si interfacciano con la logica della sostenibilità, fornendo valore aggiunto al processo produttivo» .